Prof.ssa Salvadego: pubblicazione su "Diritti umani e diritto internazionale"
L’articolo esamina la più recente giurisprudenza della Corte europea dei diritti umani in materia di mancata esecuzione di decisioni definitive adottate da parte di giudici interni in Ucraina. A partire dalla sentenza pilota resa nel 2009 nel caso Ivanov, la Corte ha stabilito che il problema sistemico riscontrato in Ucraina riguardo la mancata esecuzione delle sentenze nazionali viola il diritto ad un processo equo, il diritto ad un ricorso effettivo e il diritto di proprietà, rispettivamente stabiliti negli articoli 6 e 13 della Convenzione e nell’articolo 1 del suo Protocollo n. 1. Nonostante la persistenza del problema sistemico in Ucraina, nella sentenza Burmych e al. c. Ucraina, del 12 ottobre 2017, la Grande Camera della Corte decideva a maggioranza di riunire i ricorsi in esame con gli altri all’epoca pendenti dinanzi alla Corte contro l’Ucraina e derivanti dalla mancata esecuzione da parte dello Stato delle proprie sentenze interne e di cancellarli dal ruolo dopo averli trasmessi al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa affinché fossero tutti considerati nell’ambito delle misure generali di esecuzione della sentenza pilota resa nel caso Ivanov. In questo modo, però, migliaia di vittime venivano private del diritto di accedere alla Corte. Come evidenziato nell’opinione dissenziente comune dei giudici di minoranza, la sentenza crea un vulnus significativo al principio di sussidiarietà e al diritto di ricorso individuale stabiliti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo.